Plotino y Porfirio en Barcelona – Vol. 01

Plotino y Porfirio en Barcelona – Vol. 01

[passeggiando per passeig de Gracia]

Plo: – Sai cosa voglio fare? Voglio prendere tutte queste cazzate che diciamo e metterle sul blog. Vedo già il titolo: Plotino e Porfirio a Barcellona –
Por: [ride]
Plo: – No davvero. Voglio mettere in piazza lo spappolamento dei nostri neuroni. E poi è un buon esercizio per scrivere dialoghi. –
Por: – E pensi di riuscire a ricordarti tutto quello che diciamo? –
Plo: – Certamente no. Ma tanto ci metterò anche cose inventate di sana pianta. –
Por: – [ride] Con la memoria che ti ritrovi, scriverai praticamente solo cazzate. –
Plo: – Perchè, di solito cosa diciamo? –
Por: – Cazzate. –

***

Por: – Plotino y Porfirio in Barcelona. Con una enne. –
Plo: – Eh? –
Por: – Anzi: Plotino y Porfirio en Barcelona. –
Plo: – Ah sì giusto, ha più senso con un titolo in in spagnolo. –
Por: – Eh sì, siamo in Spagna. –
Plo: – Anch’io avevo avuto questa sensazione. –
Por: – [ride]

[seduti al tavolino di un baretto, in una piccola piazza]

Plo: – Ora mi sento veramente in Spagna. –
Por: – Mi pareva che su questo ci fossimo ormai chiariti. –
Plo: – [ride] No, intendo il tavolino appiccicaticcio, un sacco di cartacce per terra –
Por: – E poi non so se hai notato –
Plo: – Cosa? –
Por: – Intorno a noi non c’è nessuno che parla romanesco, o veneto, o romagn –
Plo: – Oddio sì cazzo, che liberazione. –
Por: – Quest’anno il mondo è venuto a Barcellona –
Plo: – Di sicuro tutta l’Italia. –
Por: – Del resto anche noi. –
Plo: – Che c’entra, noi possiamo. –
Por: – Ah sì, scusa –
Plo: – Guarda che che faccia di cazzo il cameriere. Mi ha anche fatto togliere il piede dalla seggiola. –
Por: – Non è colpa sua se tu sei un cafone. –
Plo: – Mavaffanculo, siamo in una delle città più sbracate dell’universo e quello fa togliere il piede a me in questo cesso di piazza [ride] –
Por: – Hai visto il vecchio? –
Plo: – Quale? –
Por: – Quello li davanti a te, al tavolo con sua moglie. Appena hanno alzato la musica ha fatto un gestaccio verso il palco [ride] –
Plo: – [ride] Ha ragione, questa musica è orribile. E poi anche nel posto dove siamo stati a cena ieri. I camerieri erano maleducati e non c’era metà della roba scritta nel menu –
Por: – Era l’altro ieri. –
Plo: – L’altro ieri. E la mia hamburgesa faceva stracagare. –
Por: – L’altra sera eri maldisposto in generale. –
Plo: – Perchè, tu ci torneresti in quel posto? –
Por: – No. –
Plo: – Hai visto che belle quelle due ragazzine? –
Por: – Quali? –
Plo: – Guarda dove guardo io. Intendo belle facce simpatiche, due facce pulite. –
[minuto di silenzio]
Plo: – Sai che ho letto da qualche parte, o forse l’ho visto in televisione, che hanno scoperto che non è vero che i neuroni che muoiono dopo i vent’anni non vengono più sostituiti? –
Por: – Cosa stavi guardando? Quark? –
Plo: – Può essere. Una di quelle cose li, comunque. Tutte le menate che mi sono fatto per i cannoni erano inutili. –
Por: – Non mi pare tu ti sia mai fatto troppe menate. –
Plo: – Era più che altro un tormento interiore [ride] –
Por: – [ride]
[due minuti di silenzio]
Por: – [ridendo] Ma che cazzo vuol dire facce pulite? Ma sei scemo? –
Plo: – [ridendo] Massì dai, intendo due belle faccine da brave ragazze. Quelle che mi piacerebbero come fidanzatine di mio figlio, se ne avessi uno. –
Por: – [ridendo] Fac-ce Pu-li-te! Sei proprio un cretino [ride] –
Plo: – Guarda che bella espressione che hanno. –
Por: – Il cameriere ha sorriso. –
Plo: – Non a noi di sicuro. [guardando una famigliola seduta di fronte] Hai notato che i tratti caratteristici del cretinismo delle valli si riscontrano anche da queste parti? –
Por: – Saranno del gruppo le ragazzine? Secondo me sono delle groupies. –
Plo: – Ma figurati, con quelle faccine dolci. Non puoi immaginartele in un camerino con in bocca il cazzo di qualcuno. –
Por: – Certo che posso. –
Plo: – Perchè sei un pervertito e un porco. –
Por: – [ridendo] Mannò! Non intendo il mio, cretino. Però posso immaginarmi chiunque in un frangente del genere. –
Plo: – Se continuiamo a ridere mentre guardiamo il cameriere temo ci farà assaggiare i suoi muscoli giocondi. –
Por: – Questo croissant è un panetto di burro. Pazzesco. Non è troppo dolce, è burro puro. –
Plo: – Anche il mio caffè era buono. Secondo me la stragrande maggioranza di chi legge il mio blog non capirà la citazione del titolo. –
Por: – Certo. –
Plo: – Secondo me non l’hai capita neanche tu. –
Por: – Certo. –
Plo: – Cosa ne dici? Ci incamminiamo verso casa?

***

Plo: – Lo sai?, hai completamente cannato direzione. L’altra sera siamo risaliti dalla piazzetta, siamo andati a sinistra e poi ancora a sinistra cominciava la nostra via. –
Por: – Ma non dire cazzate. –
Plo: – Non dico cazzate. Ora abbiamo girato direttamente verso sinistra e così ci perderemo nel cosmo. –
Por: – Non so nemmeno perchè perdo tempo a risponderti. Lo vedi quello li? Quello è il Passeig de Gracia. –
Plo: – Fantastico. –
Por: – E questo vuol dire che risalendo da queste strade da qualche parte arriveremo. –
Plo: – Perfetto. Avevo sempre sognato di vedere il Portogallo. –
Por: – Il Portogallo è bellissimo. –
Plo: – Lo so. Ho letto Pessoa. –
Por: – [ride] Non so all’epoca come fosse. Però sono stato a Lisbona ed è bellissima. –
Plo: – Se proseguiamo in questa direzione tra poco la vedrò anch’io. –
Por: – Ma piantala. –
Plo: – Sei riuscito a capire quanto credito residuo hai sul telefono? –
Por: – Sì, era un codice che non mi ricordavo. Lo sai che tu mi ricordi un incrocio tra Moana Pozzi e Monsignor Milingo? [ride] Ti chiamerò MoMi. [ride] –
Plo: – Se penso a quello che ho speso per farti studiare. –
Por: – Sei proprio la perfetta fusione tra i due. –
Plo: – Tu trovi? –
Por: – Sì, assolutamente. –
Plo: – Ma sai che ora che mi ci fai pensare –
Por: – Vero? –
Plo: – In effetti avevo la sensazione di assomigliare a qualcuno. Nel frattempo sei sempre più sicuro che troveremo la strada di casa, vero? –
Por: – Cazzo proseguendo in questa direzione non possiamo fare altro che incrociare la nostra via. –
Plo: – Certo. –
Por: – Fottiti. –
Plo: – Lisbona arriviamo. –

***

Por: – Cosa scrivi? –
Plo: – Quello che ti dicevo, Plotino y Porfirio. –
Por: – [ride] Ma che cazzo mi hai fatto fumare? Mi ha matato. –
Plo: – Non hai il fisico. Vuoi un bicchiere d’acqua? –
Por: – Ce l’ho qui l’acqua. Guarda sulla scrivania. –
Plo: – Adesso riascolto ancora una volta la mia versione di For the Roses, mi fanno impazzire le cassettine del portatile apple di David. –
Por: – Ancora una volta? –
Plo: – Mavaffanculo. Hai passato tutta la vita ad ascoltare le canzoni che ti piacevano in loop per giorni. –
Por: – [tra sè] Una volta mi piaceva quel pezzo. –
Plo: – [ride] Cazzone. Non ci credo che non la risenti volentieri. –
Por: – [tra sè] Una volta mi piaceva quel pezzo [ride] –
Plo: – Ah no dai, sentiamo il pezzo di The Organ. Mi fa impazzire quella canzone. La amo. –
Por: – Non sapevo le parole, ma quando me l’hai fatta sentire continuavo a canticchiarla. –
Plo: – Aspetta che prima salvo, se perdo quello che ho scritto fin qui mi sparo. –
Por: – Mi fai vedere la mia posta un minuto? –
Plo: – Certo. –
Por: – Dai Porfirio, alzati. –
Plo: – Io sono Plotino. –
Por: – Ah tu sei Plotino? –
Plo: – Ma certo. Ti sembra che abbia una faccia da Porfirio? –
Por: – In effetti no. Dai, alzati. –

Pablo

Pablo

Pablo probabilmente e’ stato l’unico vero poeta che io abbia avuto la fortuna e la sfiga di conoscere.

Comincio’ ad avvicinarsi alla mia vita tramite i racconti degli altri. Beppe mi aveva gia’ parlato di questo gruppo di ragazzini di Vestone che, a suo dire, erano fantastici. Un giorno in macchina mi fece sentire il loro primo demo, che era registrato in sala prove con un radiolone. Era molto grezzo e non tutti i brani erano dello stesso livello, ma alcuni erano davvero grandiosi. Testi e melodie, persino gli arrangiamenti. C’era dentro una maturita’ artistica difficile da concepire in un gruppo di ragazzini meno che ventenni, e c’era una poesia semplice e diretta che mi incantava almeno quanto iniziava ad incuriosirmi la testa nella quale questa poesia si formava.

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Roma – Premio De Andre’ 2006

Roma – Premio De Andre’ 2006

La giornata comincia alle 06:30 davanti alla sala prove, a Milano.

Come spesso mi succede sono il primo ad arrivare. Caffe’ e brioscina tiepida. Sigarette a ripetizione, mi aspetta un lungo viaggio in macchina con dei non-fumatori. Devo riuscire a fumare cosi’ tanto da farmi venire la nausea, altrimenti il tempo rischia di fermarsi del tutto.

Alle sette ci siamo tutti. Mentre carichiamo gli strumenti una ragazza minuta esce di casa, portata a spasso da un pitbull che pesera’ almeno quanto lei. Appena il cane nota un gruppetto di persone affaccendate (noi) lancia un abbaio profondo e cerca di scattare nella nostra direzione. Dalle dimensioni e dall’espressione immagino che potrebbe avere ragione di noi in pochi secondi, anche se siamo in otto. La ragazza lo trattiene, e per qualche secondo sembra che stia facendo sci nautico. Siamo salvi, possiamo partire.

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